29 agosto 2006

Le pericolose equazioni

Su una cosa siamo quasi tutti d'accordo, Isrele deve cessare le ostilità. Perchè siamo di fronte ad un massacro di civili e ad un numero sempre più crescente di profughi. Tra l'altro lo stato di Israele che non gode già di suo storicamente di grandi simpatie alimenterà con il suo comportamento tutto il risentimento e il fondamentalismo che finirà per tramutarsi inevitabilmente in voglia di vendetta.

Questa guerra non è la guerra di Israele contro il Libano, bensì la guerra di uno stato contro tutto il popolo arabo. Libano, Siria, Iran non potranno che rispondere in futuro ricorrendo a mezzi ormai ben conosciuti dal mondo occidentale come gli attentati kamikaze, la guerra santa, la resistenza con armi.L'obiettivo dichiarato di Israle è quello di disarmare Hezbollah riportando il Libanoa, a quanto sostengono alcuni israeliani nella condizione in cui era tanti anni fa.Non dimentichiamo che in passato Israele non è riuscita nel suo intento ed ha subito costantemente attacchi terroristici, dunque la sua reazione è sproporzionata, credo che non riuscirà a disarmare un fronte tanto organizzato e fortemente radicato nello stato e nella popolazione.
Che la reazione di Israele sia esagerata questo è fuor di dubbio, però stiamo attenti a costruire ad arte le facili equazioni che imperversano in questi giorni.L'UCOI (unione delle comunità ed organizzazioni islamiche) in Italia ha comprato una pagina intera di un giornale per mostrare il suo punto di vista ed è stato anche accusato alimentare con le sue tesi il fondamentalismo.Ieri le stragi del nazismo, oggi quelle di Israele. Fosse ardeatine = libano. Nazismo = israele.Nessuno discute per carità le ragioni che l'ucoi possa avere anche di fronte alla grandissima strage di civili che sta avvenendo, qualcuno però ci dovrebbe spiegare perchè quando Ahmadinejad dice che "la Shoah non è esistita", "Israele è un tumore" , quando Hezbollah dichiara che il suo obiettivo è "la distruzione dello stato di Israele", nessuno obietta o assume una ferma posizione di condanna.

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